Festa popolare e liturgica di San Ciro coincidono in una data fissa: il 31 gennaio, giorno del martirio del Santo (dies natalis) avvenuto nel 303.

La festa è considerata patronale in quanto il santo fu proclamato patrono minus principalis da Mons. Giuseppe Capecelatro nel 1780 circa (Patrono principale è il santo concittadino Francesco de Geronimo).
Essa si articola in vari momenti: novena, traslazioni della statua, processione, messa e panegirico, pira o foc’ra, fuochi pirotecnici. La festa conserva carattere taumaturgico: i devoti accorrono alla cappella del santo e alla processione perché convinti della potenza miracolistica del santo; ciò avviene per tradizione e anche perché si raccontano fatti prodigiosi attribuiti all’intercessione del Martire.

processionequaranta1Oggetto del culto è, oltre al mezzo busto in legno finemente decorato inviato da S. Francesco e conservato nel monastero di Santa Chiara, una statua conservata nel cappellone della chiesa madre: un simulacro ligneo dorato del Settecento, rappresentante, a dimensione naturale, una persona dell’apparente età di sessantanni, dalla barba fluente, volto bruno, occhi rivolti al cielo, rivestito di una sorta di cocolla, incedente a piedi scalzi a mo’ di monaco. Porta nella mano destra la palma del martirio e trattiene con la sinistra un libro, simbolo della scienza medica che esercitò e anche della parola divina. Questa immagine sacra non viene portata fuori dalla nicchia per essere esposta sul trono a lato dell’altare maggiore, né per la processione; rimane sempre al suo posto; viene appena spostata in avanti nei giorni della festa(1). Ad essere esposta e condotta processionalmente per le vie cittadine è un’altra statua più recente (dei primi anni del Novecento), anch’essa lignea, ma colorata. Si conserva nella chiesa di S. Francesco di Paola e si accosta iconograficamente al prototipo settecentesco. Ambedue i simulacri hanno all’altezza del petto una piccola teca contenente minuscole reliquie «ex ossibus S. Cyri Martiris». In processione poi viene portata anche un’altra reliquia racchiusa in artistico ostensorio bronzeo.
I luoghi del culto sono legati alle suddette statue e sono perciò: la cappella del Santo Rosario (2), volgarmente detto «cappellone di S. Ciro», in chiesa madre, e la chiesa di S. Francesco di Paola.

Il «Cappellone», dichiarato monumento nazionale, è considerato a buon diritto la parte più attraente di tutta la collegiata (3)La grande cappella sormontata da splendida cupola, reclama un sollecito intervento di restauro. Contiene tre altari monumentali e decorazioni barocche in altorilievo la ricoprono tutta sino alla cupola non lasciando a nudo neppure un palmo delle pareti. L’altare centrale è dedicato alla titolare, la Madonna del Rosario, effigiata in una bella tela settecentesca; i pennacchi sono dovuti al pennello di Paolo De Matteis (4).
L’altare a destra è dedicato a S. Francesco De Geronimo; quello a sinistra a S. Ciro. Le statue dei due santi sono inserite elegantemente tra colonne tortili decorate fastosamente con motivi ornamentali barocchi: putti, fogliame, frutta, uccelli, grifi (5).

Nei quattro pilastri e nella cupola si inseriscono medaglioni con tele, per un totale di 28 ovali che ritraggono i misteri del Rosario, santi e sante dell’ordine domenicano, opera del primo Settecento. Appeso al pilastro destro d’ingresso è un quadretto nel quale si conserva un berretto del santo gesuita, vero artefice della cappella e della devozione di S. Ciro a Grottaglie.
La chiesa di S. Francesco di Paola (6) , cui è annesso un grandioso convento dei PP. Minimi, è anch’essa frequentata dai devoti del santo, venerato in una statua situata in una nicchia nella cappellina a sinistra dell’altare maggiore. I grottagliesi sono molto affezionati a questo simulacro che fronteggia quello del taumaturgo di Paola, altro patrono minore di Grottaglie.

In questi luoghi di culto, oggi, non vi sono ex voto, né tavolette votive dipinte, né scritti, né fotografie, né registri di miracoli. La tradizione ricorda comunque un gran numero di ex voto e fotografie di miracolati, rimossi negli anni 50-60.

È l’arciprete della chiesa madre, responsabile della cappella del santo e presidente del comitato ufficiale, che si interessa di organizzare la novena, chiamando predicatori di fama(7); di far venire l’arcivescovo di Taranto alla solenne messa antimeridiana nel giorno della festa; di fare l’apparato in chiesa e innalzare il trono al santo; di assicurare un congrue numero di sacerdoti per le messe, le confessioni e il sacramentale dell’olio di S. Ciro. Il comitato(8) si occupa della riuscita della processione, della pira, della raccolta delle offerte, della banda.

Le manifestazioni religiose iniziano con la traslazione della statua dai Paolotti alla chiesa madre, la domenica precedente il primo giorno della novena. Questa, che inizia il 22 gennaio, è così strutturata: prima della messa serotina si leggono le preghiere proprie del santo; dopo il vangelo il predicatore tiene l’omelia su argomenti di maggiore urgenza pastorale, collegati e riferiti anche alla figura e all’opera di S. Ciro.

La sera precedente la festa si fa il falò o foc’ra. È una manifestazione molto attesa e sentita; si tratta di una catasta di legna di diverso tipo (tronchi, sarmenti, rami, tavole…), alta anche fino a 10 metri; sistemata in modo da formare un grande cono alla cui sommità viene posta una croce con su affissa l’immagine del santo. La sera, al termine della funzione religiosa, l’arciprete e i fedeli si recano, seguiti dalla banda, al luogo destinato(9) e, dopo la benedizione rituale, si da fuoco al falò che attira moltissimi curiosi. Tradizione che, come abbiamo visto, risale all’introduzione della festa ed è collegata al martirio del santo che prima di essere decapitato subì torture col fuoco. La vigilia della festa si celebrano varie messe.

Il 31 gennaio, giorno della festa, dall’alba in poi vi sono messe ad ogni ora; la messa delle 10 è riservata al pontificale dell’arcivescovo. Le messe terminano alle ore 13 per consentire mezz’ora dopo l’uscita della processione.

Un sacramentale, detto “l’Olio di S. Ciro”, veniva amministrato per tradizione fin da quando S. Francesco De Geronimo istituì la festa: un sacerdote in cotta e stola ungeva con una piuma intinta nell’olio consacrato secondo il rituale romano, la fronte dei fedeli che si accostavano, recitando le seguenti parole: «Per intercessione di S. Ciro e per questa sacra unzione il Signore ti liberi dal peccato e da ogni male»(10).

Da notare pure la pratica devozionale della «Guardia a S. Ciro»: un gruppo di fedeli a larga prevalenza femminile prega ininterrottamente e veglia davanti all’immagine sacra il giorno della vigilia, dalla mattina al pomeriggio.

La processione esce alle 13,30 in punto e dura circa sei ore circa. Parte da piazza Regina Margherita, antistante la chiesa madre, e attraversa il centro storico; sale oltre il castello, devia per la zona orientale della cittadina, ripiega per la zona Nord-Ovest e poi rientra dalla parte occidentale.

La statua, posta su artistica base lignea dorata, è portata a spalle da quattro uomini. Per poterla trasportare, fino al 1978, si faceva un’asta che è stata abolita per evitare abusi e discussioni. Possono portare quindi la sacra immagine gli appartenenti alle confraternite che fanno richiesta all’arciprete o al comitato; l’assenso non è vincolato a nessuna offerta che rimane libera, analogamente per coloro che sostengono i quattro lampioncini attorno alla statua. Sono le confraternite ad aprire la processione, e cioè: Preziosissimo Sangue o Nome di Dio, Rosario, Carmine e Sacramento.

Tradizionalmente accanto alla statua fanno bella figura carabinieri in alta uniforme; a questi si sono aggiunti ultimamente anche rappresentanti in alta uniforme della Polizia Municipale e della Polizia di Stato.

Il numero dei fedeli è sempre notevole e si aggira su molte migliaia di persone; l’età prevalente è quella della maturità, ma non mancano bambini, giovanissimi e anziani. Vengono rappresentati tutti gli strati sociali: casalinghe, contadini, pensionati, operai, impiegati, professionisti e in particolare i medici(11) che per consuetudine seguono immediatamente la statua. Il clero precede il simulacro: l’arciprete, rivestito di piviale rosso sorregge l’ostensorio che racchiude la reliquia di S. Ciro. Dietro la statua è la banda che esegue marce religiose.

Le autorità civili e militari partecipano alla processione di libera iniziativa. Seguono alcune centinaia di devoti scalzi con in mano grossi ceri accesi: sono in genere coloro che hanno fatto un voto o una promessa al santo, per impetrarlo o ringraziarlo; perciò questi non temono le avverse condizioni del tempo e procedono incuranti a piedi scalzi.

Infine le diverse migliaia di fedeli in atteggiamento raccolto, recitando preci e cantando inni sacri, senza fanatismi e superstizioni. Al rientro in chiesa madre si celebra la messa solenne con panegirico del santo.

La terza processione è effettuata la domenica successiva al 31 gennaio per riportare la statua nella chiesa di S. Francesco di Paola . Si svolge nel pomeriggio e, fino a pochi anni fa, era molto suggestiva per le centinaia di persone con i ceri accesi che formavano una scia luminosa nella penombra della sera lungo la via XXV luglio La processione tocca pure il locale ospedale S. Marco, e dura mediamente poco più di un paio d’ore.

Essendo la festa di S. Ciro a Grottaglie di carattere prevalentemente religioso, le manifestazioni civili sono piuttosto modeste. Luminarie sono sistemate in Piazza Regina Margherita, in via XXV Luglio, in piazza S. Ciro e in zona di Viale Gramsci. Sobrio è l’addobbo in chiesa madre consistente in un grande trono per l’esposizione della statua. Abbastanza curati e attesi i fuochi pirotecnici che si sparano nei tre momenti principali a cura del comitato.(13)

 

1) Lo scorso anno, a causa dei lavori di restauro al Cappellone, le statue di S. Ciro e di S. Francesco de Geronimo, hanno lasciato temporaneamente il posto originario.

2) Per questo monumento, cf. C. PIGNATELLI, II patriottismo del Santo De Geronimo, in Biografie degli scrittori grottagliesi, Napoli 1869, pp. 113-119; G. PETRAROLI, S. Ciro M. E. e M, Francavilla Fontana 1938, pp. 36-38.

3) «per la copia de’ lavori in scultura e pittura e stucco, formò sin d’allora, come ancor forma, la parte più bella e più ricca dell’ampio Duomo» (C. PIGNATELLJ, Il patriottismo, cit., p. 115).

4) Ivi, p. 116.

5) A seguito di restauri poco felici effettuati negli anni Sessanta del secolo scorso, la cappella ha perduto l’originaria intonazione bronzea e le dorature. Già il Pignatelli deprecava «quel conficcare chiodi da per tutto, che ha guasto lo stucco, ha mutilato le statuette ed ha fatto de’ putti e degli uccelli, che pure erano belli, tanti piccoli mostri, mancando a chi il naso, o il piede, a chi occhi, a chi mani» (Ivi, p. 118-119).

6) E’ una chiesa monumentale, espressione preziosa di barocco locale, La costruzione attuale appartiene alla prima metà del secolo XVIII quando, crollata nel 1711 l’originaria chiesa cinquecentesca, i frati e il popolo grottagliesi decisero di ricostruirla in forme più eleganti, ad una sola navata, con sei cappelle laterali. E’ lunga una trentina di metri, larga nove e alta diciannove. Racchiude di notevole: un altare maggiore con balaustrata in marmo policromo del 1743, esempio fine di arte napoletana; pulpito e cantorie in legno intagliato e dipinto; ampio coro in noce; tale settecentesche, alcune di buona fattura; pavimento originale del ‘700 in pietra di Trani a motivi geometrici; solenni altari laterali in pietra locale condotti in spigliati e piacevoli moduli decorativi. Insomma si può dire che sia questa la chiesa di Grottaglie meglio conservata, e, sotto tale aspetto, la più attraente. Cf. F. STEA, Un monumento barocco a Grottaglie, Fasano 1979.

7) Da diversi anni sono invitati predicatori dell’ordine dei Cappuccini che per il loro modo di vestire s’accostano molto all’iconografia del santo.

8) È formato da persone scelte dall’arciprete tra diversi strati sociali; non ha alcun regolamento o statuto e la durata in carica è indefinita.

9) Ora viene organizzata nei vasti spazi di viale GRAMSCI – ZONA 167. Ricordiamo che anticamente si teneva in piazza Regina Margherita; dalla metà del secolo scorso ha variato sede molte volte in conseguenza dell’espansione urbanistica della cittadina ( pressi di Via Colombo, Piazza Verdi, zona S. Elia, pressi di Piazza S. Ciro…). an Ciro,

10) S. Francesco De Geronimo usava questa formula: «Praesta quaesumus Omnipotens Deus, ut intercedente Beato Cyro Medico, Eremita et Martyre tuo, a cunctis infirmitatibus et adversitatibus liberemur in corpore, et a pravis cogitationibus mundemur in mente. Per Christum Dominum nostrum, Amen (cf. F.M. D’ARIA, Un restauratore sociale, Roma 1945, p. 586).

11) «L’idea di stringere in un sodalizio religioso i medici intorno ad un medico santo è degna di ogni encomio e meriterebbe di essere diffusa e propagata dovunque per quei rapporti di affinità che avvicina il medico all’apostolo (G. PETRAROLI, S. Ciro, cit., p. 152). E infatti da qualche anno prende parte attivamente alla festa di S. Ciro anche l’Associazione “Medici per S. Ciro” che nella circostanza organizza importanti appuntamenti scientifico-culturali, convegni e borse di studio rivolte a giovanissimo laureati in medicina.

12) Nel caso che il giorno successivo cada di domenica successiva, la traslazione si svolge otto giorni dopo.

13) Per notizie più diffuse si consiglia: R. QUARANTA, S. Ciro a Grottaglie. Storia, culto, tradizione popolare, Tiemme, Manduria 1988.

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